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Adolescenti in lockdown: invincibilità e sofferenze

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di Amanda Bellocci
psicologa ed educatrice


Resilienza. In psicologia è un termine che usiamo per indicare la capacità di un individuo di affrontare e superare un evento traumatico o un periodo di difficoltà. È resilienza quella che vedo in questi mesi in tanti ragazzi e adolescenti.

Nel mio lavoro di psicologa sono spesso a contatto con le loro storie, le loro difficoltà, i loro sogni e le loro paure, e in questa quarantena mi hanno raccontato come stanno vivendo questo periodo. Non è stato facile per loro. E non lo è tutt’ora. Ma hanno dimostrato di avere una grande forza. Sono sicuramente adolescenti resilienti!

Da un momento all’altro la loro scuola è stata chiusa. Qualche genitore, ridendo, mi ha detto di aver pensato che i desideri dei loro figli si fossero avverati. “Quanto vorrei, Amanda, che la scuola non esistesse!”. Tante volte, quando parli con loro della scuola, te lo dicono, pensierosi ma con il sorriso. Sono tante le cose che vorrebbero cambiare.

Ma in fondo, in questo periodo di quarantena, la scuola a loro manca molto. Quella scuola fatta di relazioni, di compagni e di risate. Altri aspetti della scuola, invece, mancano loro un po’ meno. Ma hanno ammesso che sentono la mancanza delle lezioni di quell’insegnante che si interessa a loro, che li conosce, che li coinvolge, che li rende partecipi e che li valorizza per quello che sono.

Li osservo spesso. Sono creativi, fragili, pensierosi, sensibili e timorosi. Nati e catapultati in un periodo storico dove forse gli adulti hanno pensato poco al loro futuro.

L’ultimo giorno di scuola non hanno avuto il tempo di salutarsi. Hanno dovuto affrontare la paura per un nemico invisibile, la riorganizzazione delle routine familiari e la famigerata Didattica a distanza, per gli amici chiamata anche DaD.

Ma i nostri adolescenti il mondo virtuale lo conoscevano già bene. La rete era, ed è, la loro “finestra” per affacciarsi sul mondo, e il loro “laboratorio” per sperimentare e costruire la propria identità personale e sociale. Quando li ascolto capisco che per le nuove generazioni non si parla di “reale” e “virtuale” come di due mondi diversi e che si escludono a vicenda. Per loro esiste un “concreto” e un “virtuale”, ma che entrambi fanno parte della loro realtà! Per questo si sono adattati in fretta a questa nuova situazione. 

Si alternano tra una videolezione su Classroom o Teams, i compiti assegnati, le interrogazioni, qualche partita a Fortnite o Minecraft, chat e videochiamate su WhatsApp con gli amici, storie su Instagram e video su Tik Tok. Ma non solo!

Musica, giochi in scatola con la famiglia, torte e impasti, libri, film e serie tv. Hanno riscoperto la vita familiare, e molti mi dicono di non aver mai trascorso così tanto tempo con i loro genitori, e questo lo apprezzano davvero molto! Il tempo in famiglia per molti di loro, prima del lockdown, era vissuto in solitudine o come molto frenetico, e mi raccontavano che di solito vedevano i loro genitori solo tardi la sera.

Se chiedi loro qual è la paura più grande che hanno in questo momento ti dicono chiaramente che hanno paura del futuro, paura che la quotidianità non torni più quella di prima. Si preoccupano per le persone a loro care. Soprattutto per i loro nonni, che non vedono da molto tempo. Hanno paura per i loro genitori, che hanno continuato a lavorare. Mancano gli amici e condividere con loro momenti di socialità, quelli concreti, non solo virtuali!

In adolescenza i ragazzi vivono “una seconda nascita”. Attraverso trasformazioni e crisi, sono portati ad accettare l’idea di non è essere invincibili, e quindi a fare i conti con la scoperta della mortalità. È a questa età che i ragazzi cominciano seriamente a confrontarsi con l’idea della vita e della morte, e con le fragilità umane. Si interrogano anche su che cosa c’è dopo la morte. Provano a darsi delle risposte. Ma i dubbi sono tanti e le emozioni contrastanti. Questo li spaventa molto e attivamente cercano di controllare queste paure. Sembrano taciturni e poco inclini ad aprirsi, ma nella loro testa frullano tanti pensieri. Mi interrogo spesso su cosa serva ai nostri ragazzi in questo momento e nella vita di tutti i giorni. Penso che da adulti dobbiamo fondamentalmente INTERESSARCI. Interessarci a cosa provano, a cosa sperimentano, a quali sono le loro paure. Ma soprattutto a quali sono i loro sogni.  Dobbiamo averne cura, perché in fin dei conti, il futuro che ci aspetta, è l’eredità che lasceremo loro.