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SALIRE IN MONTAGNA: LA SCELTA DI LUCA

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Per sfuggire al riscaldamento globale

di Mauro Banchini

Ci abbiamo messo, in questo progetto, tutte le risorse di una vita e, ci tengo a sottolinearlo, sono quelle rimaste dopo il pagamento delle tasse. Potevano essere spese in altro modo, in puro divertimento dissipativo, in crociere e hotel di lusso a spasso per il mondo, in auto potenti, abiti griffati e gingilli preziosi. Tutta fatua entropia ed emissioni di CO2. Abbiamo scelto invece un percorso più impegnativo che lasciasse una eredità concreta al futuro, ai nostri nipoti, a chi verrà dopo”.

Scrive così, al termine di un suo libro che ho letto con una attenzione assai partecipata, il climatologo ed esperto di terre alte Luca Mercalli. Un diario sulla scelta che lui e la moglie Sofia hanno fatto nell’acquistare una antica baita, destinata al crollo di una rovina imminente, in Alta Val di Susa, per rimetterla in piedi secondo i più aggiornati metodi di una sostenibilità ambientale rigorosa e previdente. Una baita a 1.650 metri di altezza, in un borgo microscopico (Vazon) raggiungibile a fatica dove si ostinano a vivere poche persone incantate dalla bellezza di un ambiente unico.

Passano tre anni, dal marzo 2017 al marzo 2020, per transitare nelle varie fasi di quella scelta: dal sogno di una baita in rovina (scoperta quasi per caso da un Mercalli arrivato nella parte bassa di quella valle per tenere una conferenza – sui mutamenti climatici – in una scuola locale) al definitivo restauro che però ha coinciso con l’inizio della pandemia e, dunque, con la impossibilità di fruire in modo libero di quella baita.

Tre anni che Mercalli racchiude, giorno dopo giorno, in un diario diventato libro (“Salire in montagna. Prendere quota per sfuggire al riscaldamento globale”). Un diario che alterna le vicissitudini legate all’acquisto e alla ristrutturazione della baita (esilaranti, si fa per dire, gli appunti sulle lungaggini burocratiche) con considerazioni generali sul cambiamento del clima e su cosa ciascuno di noi, al di là di scelte “estreme” come quella dell’autore, potrebbe fare per affrontare il grande mutamento.

La lettura è consigliata anche a chi, in un periodo di così straordinarie nevicate (sui nostri Appennini erano decenni che la neve non arrivava in modo così copioso), fra sé pensa che il cambiamento del clima sia, tutto sommato, una fiaba inventata chissà da chi per chissà cosa. Non la pensa così l’intera comunità scientifica, anche se in quella pure permane una piccola quota “negazionista” sul fatto di attribuire all’uomo la responsabilità di mutamenti comunque oggettivi. Così non pensa Mercalli, peraltro divulgatore scientifico.

La sintesi sta in un fatto: ogni anno ci si rende sempre più conto, anche vivendo le conseguenze di fenomeni sempre più “estremi” (grandi piogge, grandi venti, grande caldo, grandi epidemie …) che, nel costante innalzamento delle temperature, la montagna avrà sempre maggiori carte da giocare.

Lo abbiamo già visto anche nell’estate scorsa, al termine della prima ondata pandemica. Mai così tanti, fra noi, hanno cercato distanziamento e tranquillità fra terre più o meno alte. Dunque scegliere di abitare in aree montane, fino a oggi destinate a un’apparente marginalità se non a un sostanziale abbandono, potrà essere, per molti, una straordinaria via di uscita. I “cercatori del fresco”, li chiama Mercalli.

La montagna – sintetizza bene la copertina del libro – è una delle vie da percorrere per sfuggire al riscaldamento globale. Insieme alle tecnologie sostenibili, all’efficienza energetica e a una vita più contemplativa e meno competitiva”.

Non mancano, nel diario, gustose notazioni sulla difficoltà di conciliare le esistenze, nelle terre alte, dei cosiddetti “nuovi montanari” con chi sui monti e nelle valli abita da sempre. Ma una conciliazione è possibile, le reciproche diffidenze possono sciogliersi come neve al sole, i “montanari per scelta” possono apprendere molto dagli altri così come, per questi, l’innesto di nuoci “compaesani” può essere leva di necessario cambiamento.

Tutte da gustare, per chi avesse voglia di imitare Mercalli, le ultime pagine sul “cosa fare” e sul “cosa NON fare” per recuperare le borgate montane evitando danni irreversibili. Così come merita una lettura non superficiale, sempre in appendice, il “Manifesto di Calmaldoli per una nuova centralità della montagna”.

Mi auguro che questo libro lo abbiano letto o lo stiano leggendo quelli che, in Italia, dovranno riempire di contenuti il mitico “recovery plan”. Se dal dopo Covid dobbiamo uscire non uguali a prima ma “cambiati”, la tematica fondamentale del volume potrebbe dare un’ottima mano per orientare scelte capaci di far progredire il nostro Paese (più di un terzo montano) in modo sostenibile e, dunque, moderno.

C’è molto da fare per riequilibrare un Paese oggi così squilibrato ma che ha imparato come, oggi, tanto lavoro possa essere fatto da casa, in remoto: dalla viabilità minore a una fibra davvero superveloce, dai servizi socio sanitari al sostegno verso aree che, con le foreste, producono quell’ossigeno indispensabile contro i veleni nell’aria.

Perché (Manifesto di Camaldoli) “una montagna frequentata, abitata e produttiva ..,. diventa un laboratorio di nuovi stili di vita e di integrazione sociale”.

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Luca Mercalli “Salire in montagna. Prendere quota per sfuggire al riscaldamento globale”, Einaudi 2020, pagg. 194, euro 17,50)