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Gravidanza ai tempi del Coronavirus. La Vita è sempre più forte

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di Camilla Moscardi


Quando abbiamo scoperto le due linee sul test di gravidanza non ci aspettavamo che alla prima visita ci avrebbero detto “Mi sa che… sono due!” e meno che mai che avremmo dovuto vivere questa esperienza così incredibile durante una pandemia. Ecco, di tutti gli scenari che ci eravamo immaginati la pandemia proprio non l’avevamo presa in considerazione. Però in fondo è l’ennesima occasione per riflettere sul fatto che per quanti piani e programmi si possono fare, bisogna sempre essere pronti a stravolgerli perché la vita è così e probabilmente essere genitori è così. I figli non sono una proiezione delle nostre idee e dobbiamo metterci nell’ottica che saranno come loro decideranno di essere e non come abbiamo programmato noi.

Quando ci siamo resi conto che la diffusione del virus in Italia stava aumentando drasticamente abbiamo cominciato a preoccuparci un po’. Cosa sarebbe successo ai nostri bambini se io mi fossi ammalata?

Poi la situazione è cambiata. Roberto un giorno mi dice “Cami non sto tanto bene forse è meglio se vai un po’ via di casa”. Abbiamo deciso che sarei stata dai suoi genitori che avevano la possibilità di ospitarmi al piano di sotto di casa loro in modo che fossi isolata sia per la mia che per la loro sicurezza. Sembrava una situazione temporanea e invece alla fine è durata sei settimane, perché questo è il tempo che ci è voluto perché il tampone diventasse finalmente negativo. Sei settimane in cui io cominciavo a vedere la pancia crescere e a sentire i primi movimenti e mi dispiaceva non poter condividere queste cose con mio marito, fargli appoggiare le mani sulla pancia per sentire i calcetti. Ci sono stati momenti di sconforto, momenti in cui ho avuto paura che i bambini potessero non stare bene e in cui avrei tanto avuto bisogno di un abbraccio e di parole rassicuranti magari non attraverso un monitor. La gravidanza è un periodo meraviglioso, ma anche pieno di preoccupazioni e viverla in un momento storico come questo non aiuta molto a stare tranquilli. Ho cercato di concentrarmi sulle cose belle come progettare la cameretta, cercare i primi vestitini, scegliere il passeggino… Quando mi sono arrivate le prime tutine ordinate online è stata un’emozione incredibile. Vedere quei vestitini minuscoli e pensare che tra qualche mese saranno riempiti dai nostri bambini mi fa tanta tenerezza. Anche quelle le abbiamo scartate in video-chiamata e sarebbe stato bello farlo insieme a casa nostra. Sono quelle cose che rendono tutto più concreto.

Poi ci sono le ecografie. Quando fantasticavo sulla gravidanza mi immaginavo che avremmo condiviso questi momenti, che avremmo scoperto insieme il sesso dei nostri bambini e invece non è stato così. Quello l’ho saputo a 16 settimane quando sono andata a fare un’ecografia importante. Dovevano controllare che i vari organi funzionassero come dovevano e io ero un po’ in tensione. Avrei tanto voluto poter avere qualcuno lì con me nel caso ci fosse stato qualche problema, ma ovviamente non è stato possibile e sono andata sola. L’ecografia è durata un paio d’ore e dopo un po’ facevo fatica a respirare con la mascherina e pensavo a chi deve tenerla tutto il giorno per lavorare e a quelle donne che devono partorire in questo periodo con la mascherina addosso, magari sole perché in tanti ospedali i padri non possono entrare in sala parto. Pensavo a tutti quei nuovi papà che non hanno la possibilità di veder nascere i propri bambini, ma che li vedranno soltanto alle dimissioni. In confronto a questo cos’è perdersi qualche ecografia?

La visita è andata benissimo e abbiamo saputo che aspettiamo un maschio e una femmina. Questa gioia ha fatto passare tutto il resto in secondo piano. A un tratto non ha più importanza dover fare le visite da sola ed essere stati separati per sei settimane. L’importante era solo che i bambini stavano bene, che Roberto nonostante avesse preso il virus stava bene e che i nostri familiari non erano stati contagiati. Tutto il resto è una scocciatura, ma ora come ora non è proprio il caso di lamentarsi visto che ci sono persone che hanno i propri cari in terapia intensiva e non possono stargli vicino.

Penso che se non ci fossero stati i bambini da proteggere avremmo affrontato in modo del tutto diverso questo periodo. Loro ci hanno tolto la fatica, ci hanno dato uno scopo, ci hanno dato una gioia indescrivibile. Non male per due esserini che qualche mese fa erano poco più di una cellula.

Questo periodo ci ha fatto riscoprire il valore di tante piccole cose che in altre situazioni avremmo dato per scontate. Adesso essere a casa insieme ha un sapore diverso e il fatto che Roberto possa sentirli scalciare è un dono non scontato. Forse non potrà mai vedere una loro ecografia e c’è la possibilità che non possa assistere neanche alla loro nascita, ma alla fine cosa sono queste cose in confronto alla vita che ci aspetta?