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La Siria all’ombra del Covid, tra guerre e povertà.

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La Parrocchia ha dato in occasione del Natale un piccolo aiuto ad una famiglia siriana profuga in Libano. In un mondo sempre più malato di conflitti, egoismi e povertà, non vogliamo farci paralizzare da paure e chiusure che possono solo aumentare le sofferenze di tutti.

Di Susan M.
Sei milioni e ottocentomila persone. È il numero, enorme, di rifugiati a causa della crisi siriana. La più grave crisi di rifugiati dalla fine della Seconda Guerra Mondiale, cui si sommano oltre 6 milioni di sfollati interni. Milioni di vite interrotte, costrette a ritrovare una loro dimensione in contesti altri rispetto alle proprie radici, diversi, a volte ostili.

La grande comunità dei rifugiati siriani si è sparpagliata in decine di paesi nel tentativo di sopravvivere e ripartire con dignità, spesso in condizioni difficilissime. Famiglie dimezzate, estremamente provate da grandi perdite, bambini rimasti soli, persone segnate da disabilità e traumi psicologici, si sono trovati ad affrontare il dramma di vivere nella condizione di rifugiati da ormai quasi dieci anni. Una emergenza, come ancora viene chiamata, che ha ormai assunto i contorni della crisi protratta, nella quale ai bisogni primari si sommano le conseguenze dei meccanismi di adattamento alle difficili condizioni di vita.

la Turchia è il Paese con il maggior numero di rifugiati siriani: 3,6 milioni. Ma è il Libano, con oltre 1,5 milioni, il Paese con il più alto numero di rifugiati pro capite.

A quasi dieci anni dallo scoppio della guerra molti bambini rifugiati hanno solo vaghi ricordi del loro paese, altri hanno vissuto solo nel terrore della guerra.
La loro quotidianità è il campo profughi, dove vivono stipati in tende precarie, con strutture igieniche e assistenza sanitaria inadeguate, cibo razionato e nessuna scuola. Vivono nella paura delle bombe, esposti alla violenza, eppure, ormai per molti bambini questa è la normalità.
Il Libano, anche in questa fase, si riconferma il primo paese del mondo che ospita il maggior numero di rifugiati pro capite. Si stima che attualmente ci siano 1,5 milioni di rifugiati su un totale di 6,7 milioni di persone che hanno lasciato la Siria dal 2011.

Si registra che 2019 il 73% dei rifugiati siriani viva sotto la soglia di povertà.

A metà ottobre 2019 in Libano sono cominciati movimenti di protesta in seguito ad una grave crisi economica che si protraeva già da diversi anni, ma che si è acuita nel luglio 2019, unita a una sempre maggiore mancanza di fiducia verso tutto il sistema politico.

L’attuale crisi nel paese sta toccando innanzitutto gli strati più vulnerabili della popolazione, tra cui i rifugiati siriani.

Il  Card. Zenari Nunzio Apostolico: “Siria e Libano Due Paesi che devono essere salvati. Altrimenti saranno guai per tutto il Medio Oriente”

“La Siria è nel cuore di Papa Francesco e lui stesso me lo ha ripetuto questa mattina. Da parte mia ho detto al Pontefice che vengo dalla terra dei fuochi”. Così il card. Mario Zenari, nunzio apostolico in Siria, racconta all’agenzia Sir il colloquio avuto questa mattina in Vaticano con Papa Francesco. Udienza nella quale si è fatto il punto sulla situazione in Siria e nella regione, con particolare riferimento al Libano, Paese strettamente legato alla Siria. Oggi si celebra Giornata universale di preghiera e digiuno per il Libano indetta da Papa Francesco come segno di vicinanza al Paese dei Cedri alle prese con una crisi economica e finanziaria aggravata dalla pandemia da Covid e dall’esplosione nel porto di Beirut di un mese fa. “Il Papa è sempre molto attento e preoccupato per la situazione in Siria. Vale la pena ricordare che uno dei primi gesti del suo pontificato, cominciato il 13 marzo 2013, fu quello di indire il 7 settembre dello stesso anno una Giornata di digiuno e di preghiera per la pace in Siria, in Medio Oriente, e nel mondo intero. Un evento che colpì molto la comunità internazionale”. Purtroppo, annota il nunzio, la situazione in Siria è peggiorata con “il conflitto siriano caduto nel dimenticatoio e nell’oblio”. “I siriani oggi lo dicono chiaramente: se prima si stava attenti a schivare le bombe, le schegge e i razzi adesso si deve stare attenti a schivare la bomba della povertà che colpisce l’80% della popolazione. Sotto certi aspetti si sta peggio di prima. La povertà, la guerra, la mancanza di sbocchi dal punto di vista politico, tutto impedisce ai siriani di intravedere la luce in fondo al tunnel”.

Sulla Siria, rimarca il nunzio, grava un’ulteriore disgrazia, oltre a quella del conflitto che non è finito: “la coltre di silenzio che – come diceva papa Francesco a gennaio scorso – rischia di coprire la sofferenza di dieci anni di guerra”. Una denuncia analoga ma ancora più dura quella di una giornalista siriana:
“Noi siriani siamo morti sotto ogni tipo di bombe e di torture ma la cosa più grave da accettare è quella di morire dimenticati”.

La “bomba della povertà”. Sono anche i giorni in cui a Ginevra sono ripresi (fino al 4 dicembre) i colloqui inter-siriani mediati dall’Onu per la modifica alla costituzione del Paese. Una notizia che potrebbe indurre ad una qualche speranza se non fosse che sulla Siria si sta abbattendo la “bomba della povertà”. Una bomba che, spiega il card. Zenari, stando agli ultimi dati Onu, “sta colpendo l’83% della popolazione siriana riducendola a vivere sotto la soglia della povertà”. Insiste il nunzio: “Sono morte molte persone in Siria, difficile calcolarne il numero, dire quanti feriti, quante case, quartieri e villaggi sono stati distrutti.