«Dacci ogni giorno il nostro pane quotidiano» (Mt 6,11). Nella preghiera del padre nostro i cristiani chiedono il pane, a ricordare che il cibo non è scontato, che ogni giorno va guadagnato, ricevuto, cercato. Un tempo i nostri nonni tenevano il pane nella madia, un mobile che non si vede quasi più nelle nostre case, una sorta di luogo sacro della casa dove si conservava il pane e il lievito. La madia, il luogo del pane, era una sorta di santuario domestico che custodiva il necessario per la sopravvivenza. Un antico detto popolare recitava «legno di quercia e pane di grano, beata la casa che ce l’ha», perché il pane mancava, era raro, prezioso. C’era chi non ce l’aveva il pane di grano e doveva mescolarlo con il granturco.
Il pane quotidiano è quello che ogni giorno chiede per arrivare a vedere il giorno dopo, è quello che liberando dalla necessità di lottare per la sopravvivenza permette allo spirito di sviluppare le sue potenzialità.
Bisogna cercare il pane «quotidiano», evitando logiche di accumulo e di spreco che impediscono di vedere la fame degli altri. Si chiede infatti il “pane nostro”, non solo il pane per se!
A volte, invece, siamo così preoccupati di accumulare il pane di «domani» che si rischia di diventare consumatori della grazia divina, diventando insensibili alla fragilità nostra e altrui.
Bisogna chiedere il pane per l’oggi senza dimenticare la fame, nostra e altrui, che ci mantiene sensibili. E allora avviene il miracolo più grande, quello che fa diventare pane per gli altri; il miracolo eucaristico, quando Gesù prendendo il pane dice: «questo è il mio corpo che è dato per voi». È questo il pane più importante di tutti, quello che fa vivere e non solo sopravvivere.
di Cristiano D’Angelo
(originariamente pubblicato sul Settimanale La Vita del 25/10/2020)