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Onorare il padre

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Il quarto comandamento recita «onora tuo padre e tua madre affinché si prolunghino i tuoi giorni e tu sia felice nella terra che il Signore tuo Dio ti da» (Dt 5,16). È significativo che la Bibbia associ la vita, la felicità e il dono della terra, all’onorare il padre e la madre. La felicità, secondo il libro del Deuteronomio (Dt 8,16), è il fine dell’agire di Dio per l’uomo; ma la felicità oltre che un dono è anche un compito, tra cui appunto, quello di onorare il padre. «Onorare» significa riconoscere la realtà dell’altro. L’onore di una persona è la sua «pesantezza», quello che, attraverso le sue gesta, la sua storia, le sue convinzioni e il suo ruolo, manifesta il suo valore. Il padre nella Bibbia rappresenta la discendenza, il luogo da dove veniamo nella storia e nello spazio; il padre è l’autorità dal quale i figli ricevono la benedizione che conferisce loro compiti, beni, potere. Il padre è, come Dio, la fonte di quello che siamo e di quello che possiamo diventare. Riconoscere questo permette di prendere coscienza di sé e di autodefinirsi come persona. I padri, gli uomini concreti che incarnano questo ruolo, non sono sempre, nella bibbia come nella realtà, figure esemplari. Ma il loro ruolo, il ricordarci che non veniamo dal nulla e che non siamo tutto, quello si che è un assoluto; un assoluto posto a fondamento della nostra vita e senza il quale è difficile costruirsi nella libertà e nella responsabilità. E con la presa d’atto della relatività dei nostri «padri» non si esaurisce il bisogno di essere figli, rivelandoci che «il padre» non è solo un’esperienza storica, ma un’impronta indelebile dell’assoluto in noi che si manifesta nella sete inesauribile di sentirsi amati e nel bisogno di sapersi appartenere a qualcuno.


Originariamente pubblicato sul Settimanale “La Vita” del 5 Luglio 2020