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Dello Spirito. La presenza nell’assenza

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Il segno della croce, la preghiera più famosa dei cristiani ricorda che Dio non è solo Padre e Figlio, ma anche Spirito. Quest’ultimo è stato definito la presenza di Gesù quando è assente. C’è una presenza nell’assenza che si rivela solo quando si è accettata la separazione, l’allontanamento dal corpo. Forse è questo uno dei significati di quella strana settimana tra l’ascensione di Gesù e la discesa dello Spirito nella Pentecoste. Gesù stesso aveva preparato i discepoli: « È bene per voi che io me ne vada, perché se non me ne vado non verrà a voi il Consolatore» (Gv 16,7). La separazione è l’indispensabile presupposto per una nuova forma di presenza perché i segni dell’altro che non c’è più diventano visibili quando, smettendo di cercarlo con gli occhi, con le mani, con la voce, lo cerchiamo dentro, in quello che ci ha lasciato di più profondo, in quelle scie profumate di vita che sono i ricordi dell’amore condiviso. Non sono solo segni, sono semi, sono la fecondità della loro vita che prepara una nuova comunione. Bisogna lasciare purificare quei semi dall’anestesia dell’assenza, ma poi si deve avere il coraggio di lasciare andare quel dolore, farlo maturare in accettazione, nel riconoscimento che non si può avere sempre e tutto dell’altro, che la vita passa, che tutto è preparazione. Solo allora, mentre si custodisce la memoria benedetta del Signore, Egli viene in forma di Spirito, di presenza personale dentro di noi, e non ci abbandona più. Questo è lo Spirito di Dio, quello che viene sempre, ogni volta che il coraggio di accettare i nostri limiti diventa preghiera e invocazione. È questo il segreto che apre i cuori alla venuta dello Spirito, un richiamo d’amore a cui Dio non sa resistere.


(originariamente pubblicato sul Settimanale La Vita del 31/05/2020)