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Torneranno cibo e spensieratezza. A “tavola” con Valerio, ristoratore dello storico Ristorante “Il Falcone” di Poggio a Caiano

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di Valerio Martini

Mettere le sedie sui tavoli dopo aver tirato via le tovaglie è sempre stato il preludio delle ferie.

Non mi sarei mai immaginato che un giorno questo gesto sarebbe stato accompagnato dall’incertezza di non sapere quando quelle tovaglie e quelle sedie sarebbero tornate al loro posto.

Sono un ristoratore, non un cuoco; può sembrare banale ma vi assicuro che non sono la stessa cosa.

Essere ristoratore è sentirsi in simbiosi con il proprio locale, la propria “bottega”, nel mio caso con la mia storia, che è poi quella di mio babbo e di mio nonno.

Chiudere non è stato difficile, era obbiettivamente l’unica cosa sensata da fare, quando senti il pericolo cerchi di mettere al sicuro i tuoi cari e agisci di conseguenza.

Come dicevo provengo da una famiglia che ha sempre fatto questo mestiere e anche mio babbo s’è preso l’alluvione del ’92 mentre a mio nonno è andata peggio partendo come colono in Eritrea per aiutare a casa e tornando giusto per andare in guerra.

Questa prova però è diversa: subisci passivamente un’avversità, non puoi vederla, affrontarla, combatterla, puoi solo aspettare e abitando sopra il locale, di solito pensando e aspettando mi ritrovo in una delle mie sale deserte, recluso in un ambiente che invece è nato per accogliere… una specie di punizione dantesca!!

Vorrei aprire quella porta, salutare le mie ragazze, che una ad una entrano al lavoro e sento soprattutto il bisogno fisico di tornare a fare quello che amo.

Ricordatevi che una tavola apparecchiata ospita colleghi, amici, amanti, genitori, su una tavola si serve cibo ma anche spensieratezza e a volte anche emozioni.

Le tavole delle locande, delle osterie, di ristoranti toccano l’arte, la letteratura, il cinema.

Una tavola è un luogo che non può scomparire, può solo fermarsi per un po’.