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La forza di perdurare nel cambiamento. Diario di due poggesi all’estero in tempo di coronavirus

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di Martina e Silvia Cocciolillo
(Dublino – Irlanda)

Ciao Bonistallo, sono contenta di scriverti in questa giornata di fine aprile da Dublino, dove ormai da qualche anno vivo assieme a mia sorella Silvia. Siamo arrivate in questa città con percorsi diversi, passando per altri paesi all’estero, e presto abbiamo imparato a conoscere questa terra di leggende gaeliche, di Guinness, di cornamuse e di U2, dal passato difficile. In questi anni, siamo diventate un po’ “irlandesi” anche noi, come spesso succede, trovando tante similitudini con il nostro essere italiane: l’importanza della famiglia, l’educazione cattolica, una storia comune di emigrazione. Oggi viviamo da qui questi giorni “dilatati” dal COVID-19, un po’ sdoppiate tra la nostra “nuova” vita e il pensiero a casa e all’Italia. Capita spesso così quando si è lontani: trovarsi a vivere un po’ due vite nello stesso momento, per cercare di essere “presenti” qui e lì negli affetti e nella condivisione di ogni momento della giornata con i propri cari. Tutto ciò si è ancora più amplificato da quando ci troviamo a fronteggiare questa emergenza.

Ricordo che nel mese di marzo, quando Dublino discuteva delle misure di confinamento come in Italia, c’è stato un momento in cui gli irlandesi hanno temuto l’ennesimo inasprirsi dei rapporti con il Regno Unito. Londra sembrava ancora non intenzionata ad approvare una quarantena e la differenza di approcci avrebbe potuto sfociare in nuovi contrasti al confine nord dell’Irlanda, a tutti gli effetti parte del Regno Unito. Una storia che si ripete da secoli e che è incredibile come si sia rimaterializzata anche in questa circostanza, continuando a influenzare generazione dopo generazione questo angolo di mondo. Un angolo di mondo dove, secondo alcuni, c’è ancora l’ultimo “muro” d’Europa: quello tra Irlanda del nord e Irlanda del sud, tra filo-monarchici e filo-repubblicani, tra protestanti e cattolici.

A Dublino la vita ha continuato a scorrere, dopo l’inizio della quarantena, e oggi scrivo a un mese dal suo inizio. Mi piace pensare che con questi articoli si possano condividere, con tutti coloro che vorranno leggerli, delle abitudini, dei progetti, delle situazioni e che, condividendo, assieme a questi articoli possano viaggiare idee, sensazioni, riflessioni, spunti. In fondo, questo è uno degli strumenti più efficaci che abbiamo, ora e sempre: il potere della condivisione.  

Dall’inizio di questa quarantena assieme a mia sorella ci siamo proposte di creare un “diario di bordo”. A Silvia è sempre piaciuto tenere un diario fisico per appuntare pensieri, frasi, riflessioni legati a certi momenti della sua vita. Così, in un periodo dove gli spazi sembrano restringersi e il tempo sembra invece dilatarsi, ci siamo dette che non possiamo rallentare anche noi, che non dobbiamo indugiare in questa apparente maggiore lentezza del tempo. L’idea di documentare quello che facciamo e le nuove abitudini che ogni giorno ci creiamo ci aiuta in questo obiettivo. Ci siamo anche promesse di “accelerare” in questo periodo, di impegnarci in qualcosa di nuovo cosicché un domani, guardando indietro a questi mesi, si possa dire che non sia stato un momento di pausa, uno stop o una parentesi nelle nostre vite, ma che sia servito a costruire qualcosa. Molto semplicemente, ad esempio, abbiamo cucinato tante “prime” cose: il primo pane, la prima crostata, il primo ragù. Abbiamo iniziato meditazione, non senza un generale dubbio esistenziale su come si possa riuscire a stare in silenzio con se stesse. Abbiamo riscoperto quanto sia bello fare un regalo ai nostri genitori, a nostra zia, da lontano. Non perché sia il compleanno o un anniversario, ma per il valore in sé del regalo e della sua forza di farci arrivare dove adesso fisicamente non possiamo arrivare. Abbiamo anche riparlato con amici lontani, compagni della scuola media o del liceo che in tutti questi anni all’estero, purtroppo, non avevamo più sentito. Abbiamo ricordato con loro i tanti momenti trascorsi assieme e, contrariamente a quanto sembra succedere nel mondo adesso, durante quelle telefonate gli spazi si sono di nuovo distesi e il tempo si è accorciato. Abbiamo infine imparato a conoscere nuove tradizioni, letto preghiere diverse e ascoltato lingue e canti nuovi. Trascorriamo questa quarantena, infatti, in tre, assieme al nostro coinquilino, nato e cresciuto tra Israele e Sud Africa. Assieme a lui abbiamo festeggiato Passover, la pasqua ebraica, qualche giorno prima di festeggiare, sempre tutti e tre, la Pasqua cristiana. La nostra nuova vita è così: diversa ma ricca di tante nuove prime cose e forse più tollerante.

E in questo momento, mentre là fuori c’è chi in prima linea combatte una battaglia per sopravvivere o per permettere a qualcun altro di continuare a vivere, mi viene da pensare che, rimasti per nostra grande fortuna con l’essenziale (le mura di casa e le nostre speranze), noi generazioni più giovani siamo forse per la prima volta davvero vicine a quella dei nostri nonni, riscoprendo certi valori e abitudini che stavamo perdendo: il valore di stare a casa in un mondo in cui si viaggia sempre di più, la bellezza di cucinare in un mondo in cui ci si siede sempre meno a tavola e si mangia sempre più velocemente, la tranquillità nell’ascoltare i vespri della sera (collegandosi con Don Cristiano su Facebook), il potere dell’obbedienza e la forza dell’auto-limitazione. E si scopre anche che, in fondo, tutto ciò non è così difficile da fare e che siamo capaci di perdurare nel cambiamento molto più facilmente di quello che pensavamo.
Per la prima volta da quando sono a Dublino apprezzo davvero il sapore del mare che arriva dai canali del porto e il garrito dei gabbiani presto al mattino non mi irrita più come faceva un tempo…la natura mi ricorda e riporta un po’ a casa, a presto Bonistallo!