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New York è sempre New York: convertire gli aspetti negativi in punti di forza

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Cronache new yorkesi in tempi da Coronavirus
di Filippo Cipriani


New York ai tempi di Covid19 è una città a me sconosciuta. Lo sarebbe stata anche se ci fosse stata una situazione “normale” ad essere sincero, considerato che ci siamo trasferiti solo 5 mesi fa. Tuttavia, devo dire di aver avuto modo di vivere la transizione nel periodo di emergenza che tutto il mondo sta vivendo.

New York è una città in Movimento. Cambia continuamente, quindi secondo me è la meglio preparata a cambiare pelle quando questa pandemia mondiale sarà finita. Nonostante la propria natura mutevole, è una città che offre molti riferimenti, dove trovare la propria identità diventa quasi istantaneo. In primis, orientarsi a New York è semplicissimo; la planimetria di New York è intuitiva persino per un bimbo di 10 anni come si vede nel film “Mamma ho riperso l’aereo, mi sono smarrito a New York”. In secundis, perché è senza dubbio la Città di molte sceneggiature hollywoodiane, e non prendiamoci in giro, chiunque abbia un minimo di cultura POP nel proprio bagaglio riconoscerebbe molte di quelle locations diventate emblematiche per generazioni. Ora, questo doppio fattore a mio avviso è cruciale per incutere nelle persone una sorta di sicurezza e di Identità. Avere riferimenti aiuta a crearsi obiettivi, a credere in sogni grandi. Questa è secondo me la nota che apre il coro «In New York everything is possible» (A New York, ogni cosa è possibile). Alla fine osare, rischiare, è la scintilla che accende ogni progetto; come diceva Leo Buscaglia (Docente e scrittore statunitense): chi non rischia nulla non fa nulla, non ha nulla e non è nulla. […] Solo chi rischia è libero.“ New York è una città “libera” nel bene e nel male, dove in questa moltitudine di culture puoi trovare la tua.

Questa premessa era necessaria a sottolineare i due aspetti che più ho visto cambiare a causa di questa pandemia mondiale: movimento e libertà. Le libertà come sappiamo sono cambiate per arginare la diffusione del virus e il movimento è di gran lunga rallentato considerato le restrizioni civili adottate dal governo. Ho avuto modo di fare un giro in bici poche ore prima del Lockdown della città e pedalando dal Queens (dove viviamo) a Manhattan ho assistito ad una città semi deserta. Credo che Times Square non sia mai stata così spoglia di turisti. La città attraversa un “letargo” per il quale fisiologicamente non è preparata. Tutti noi non siamo preparati a questo letargo forzato. La densità di popolazione a  New York è tra le più alte (il che favorisce la diffusione del virus) e considerato il sistema sanitario, c’è molta paura visti i numerosi casi irregolari. Tuttavia, il governatore dello stato di New York (Andrew Cuomo) ogni mattina informa attraverso una conferenza stampa l’evolversi dell’emergenza, e in vero stile americano esorta i Newyorkesi a resistere, facendo leva sulle virtù che si acquisiscono vivendo in questa città, convertendo ogni aspetto negativo in un punto di forza; ad esempio come la densità elevata di popolazione sia in realtà un buon allenamento di tolleranza, apertura mentale e solidarietà. Tutti i lavori non essenziali sono stati proibiti, così come assembramenti in pubblico. Qua la quarantena è definita «shelter in place» ma non è proibito uscire per strada ammesso che si rispetti la distanza di 6 ft (circa 2 metri) tra le persone. Ad ogni modo noi cerchiamo di uscire il meno possibile per evitare la diffusione del virus in ogni sua forma. Ci reputiamo fortunati considerando il giardinetto che abbiamo dal quale sto scrivendo. È una vera e propria fortuna avere uno spazio aperto dove potersi ossigenare, in una città nella quale lo spazio (insieme al tempo) è il vero lusso. Domenica abbiamo festeggiato Pasqua con i nostri coinquilini. Festeggiare gli eventi che cadenzano l’anno distanti dalla famiglia e dai cari è sempre un colpo al cuore. Quest’anno lo è stato ancora di più, non soltanto perché sarebbero dovuti venire a trovarci, ma perché essere lontani fisicamente ci rende più vulnerabili emotivamente, in questo caos di emozioni è importante comunicare bene, e che il messaggio rincuori la persona che non puoi abbracciare, sperando di farlo al più presto!

La speranza di tutti è di uscirne il prima possibile, di uscirne più forti di prima. Si ma quando? Come? Navighiamo a vista? Si è detto tutto e il contrario di tutto! Sicuramente ne usciremo diversi poiché questa emergenza mondiale ci ha messo di fronte a verità inconfutabili. Migliori? Forse, se non dimenticheremo la lezione imparata. 

Disinformazione, strumentalizzazione, sciacallaggio, manie di protagonismo, tra un “andrà tutto bene” e un “non ci rialzeremo più” siamo in balia di un onda lunga senza vedere nessuna terra all’orizzonte. Tenere il morale alto non è facile. Tutte queste contraddizioni sono dentro di noi, a volte vince l’egoismo e a volte la solidarietà, c’è un tempo per il cinismo e c’è un tempo per la speranza. Però, quando avverto che il cinismo sta avendo la meglio sulla speranza, mi prendo un’ora d’aria. Non vado nel giardinetto, salgo le scale fino al rooftop del nostro building, dal quale si vede Manhattan, lontana e silenziosa, e ammiro l’Empire State Building che spicca tra gli altri grattacieli, appositamente illuminato di rosso con una luce intermittente che ricorda il cuore di questa città, che nonostante il letargo, batte forte!

New York, April 14, 2020
Filippo Cipriani