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Del presepe e altri pensieri

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Il presepe!
Da bambini era un momento incredibile! Atteso, magico, misterioso, familiare! La mamma che tirava fuori le statuette dal presepe, il babbo che cercava il muschio. Una famiglia intera che si fermava, anche per poco, ma si fermava, e dedicava un po’ di tempo a ricostruire una scena, a dipingere con i desideri architetture di sogni e di speranze, nei tetti delle casupole, nei rivoli di cotone che come neve correva giù tra i grumi di cartapesta a forma di colli e di monti. E poi i pastori, arcani custodi della semplicità e della Natura che a noi manca così tanto. E i magi, scienziati col turbante, uomini di un mondo lontano, portatori di sapienza e di rispetto per lo straniero, attirati dalla bellezza e della luce, grandi che si inchinano ai piccoli.

E la grotta; una mangiatoia di fieno e paglia, recondita feritoia del divino dove mani accomodano lo spazio della vita, uno scantinato di tenace speranza preparato dalla madre e dal padre. Una grotta, angolo oscuro di universo dove viene la luce e riposa, certa che uno sguardo, uno almeno si fermerà ad accendere una luce che non si spengerà mai più.
Giuseppe, silenzioso, osserva, ripensando a quegli attimi rubati al sonno che avevano permesso la vita di Maria e la visita dell’eterno. Giuseppe ripensa e vede la strada di Dio che attraversa le impossibilità umane e si fa strada contro ogni orgoglio di sapere, contro il diritto che uccide i deboli e gli innocenti, e consacra il dubbio che protegge la vita e rivela il profondo dove Dio ci parla e ci grida: proteggi la vita, accogli ogni uomo, sempre, a ogni costo!

E Maria. La madre operosa che presta il suo seno al miracolo. Silenziosa costruttrice di futuro. La sua è la forza di un “Sì” che ha aperto la mente e la vita allo spazio inatteso della grazia. E lo Spirito veleggia in lei e si fa carne, si fa storia, si fa pianto e sorriso di bambino che grida al mondo la verità. Fermatevi, la dove le stelle e il mondo si fermano, fermatevi  e guardate; e aspettate mentre gli occhi scrutano la verità che germoglia dal profondo, quella che nei gemiti inesprimibili di un infante ricorda all’umanità che non c’è salvezza senza amore e non c’è amore senza l’accoglienza della piccolezza e della fragilità. E siamo noi quel bambino; e ogni volta che lo dimentichiamo Erode avanza nei gesti e nei giudizi, nella violenza generata dalla paura e nell’egoismo.
Siamo noi quel bambino, io e te, chiunque tu sia, ovunque tu sia; presepi viventi di un mistero che si ripete ogni volta che ce lo ricordiamo, ogni volta che guardando il presepe, finalmente, lo capiamo.
Buon Natale.
(fotografie di Tommaso Lombardi)

Cristiano D’Angelo