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La grammatica della vocazione s’impara donandosi

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Vocazione significa chiamata. Non si diventa cristiani perché si sceglie ma perché si risponde. Dio chiama tutti. L’esistenza umana si compie nella risposta a una chiamata che ogni uomo deve scoprire dentro di sé. Siamo figli di un paradosso: non ci realizziamo se non impariamo ad uscire fuori di noi, se non ci sentiamo parte di un progetto più grande, se non capiamo per chi e per cosa siamo venuti al mondo. Dio però, non chiama con il megafono o con WhatsApp. Dio chiama con lo stupore del silenzio che fa incontrare la profondità. Dio chiama con la bellezza della sua Parola che aiuta a conoscersi e a vedere il mondo con occhi diversi. Dio chiama con l’invito di un amico o con la commozione di una liturgia. Ma soprattutto Dio chiama con l’amore che ricevi gratuitamente e con quello che sempre puoi dare, anche quando non lo sai. C’è una frase significativa di Gesù, non riportata nei vangeli ma conservata negli Atti degli Apostoli: «c’è più gioia nel dare che nel ricevere» (At 20,35). È il segreto della vita: donarsi. Quando ti metti a servizio, quando rinunci al tuo tempo, alle tue ricchezze, alle tue voglie, per fare spazio all’altro, per aiutare un fratello in difficoltà, o semplicemente per ascoltare; allora sperimenti una gioia che ti fa vedere il senso della vita. In quella gioia c’è la grammatica per interpretare la voce di Dio che ti chiama, e a quel punto occorre il coraggio del cammino, la scelta della sequela, di quel lento imparare ogni giorno a diventare come Lui, per amare come Lui ci ha amati.

(Originariamente pubblicato sul Settimanale diocesano La vita di Pistoia del 4 Maggio 2020)