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Qui Siria. Il coronavirus, la decima piaga dopo 9 anni di guerra

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Padre Firas Lutfi O.F.M,
Ministro della Regione di S. Paolo (Siria, Libano, Giordania)

Cari amici della parrocchia di Bonistallo, vi scrivo sperando che stiate tutti bene e in ottima salute.

Il 15 marzo 2020 siamo entrati nel decimo anno di conflitto. Come potete immaginare, e come alcune scene trasmesse tramite i media hanno mostrato, c’è un dolore enorme. Ma quello che avete visto rispecchia solo una piccola parte del dolore di una popolazione intera, di bambini e donne, di martiri infiniti, di una nazione lacerata, di tanti emigrati, milioni di sfollati in tutto il mondo e nei paesi limitrofi. La situazione di guerra ha superato ogni limite e ogni possibilità di sopportazione, e accanto a questa c’è una pressione economica che non potete immaginare. Manca proprio tutto. Mancano gli elementi necessari per una vita dignitosa. È una ferita che continua a sanguinare e necessita di una soluzione chiara e definitiva.

Tante volte il dolore altrui si può solo immaginare. Da lontano, sembra una situazione irreale. Quello che si sta vivendo nel mondo con il Coronavirus – lo stare chiusi dentro una stanza, l’avere paura di essere contagiati e far ammalare i propri cari, l’impedimento di andare e tornare liberamente – è solo un assaggio di quello che da anni la popolazione siriana soffre ogni giorno.

La pandemia è, per la Siria, la goccia che fa traboccare il vaso. Mancava solo questo, come se non bastasse la violenza di 10 anni di guerra, una Via Crucis che non termina con la Pasqua ma prosegue l’agonia nell’Orto del Getsemani, con Gesù che prega per noi e condivide la nostra sofferenza. Il Coronavirus, come ultimamente un teologo ha commentato, ha svelato la fragilità di un’umanità povera, sempre limitata, ma che ha bisogno di aprirsi a Dio per essere guarita. Più siamo egoisti e più ci allontaniamo dal senso vero della felicità, mentre il Signore ce l’ha offerta nel Vangelo quando ci ha detto di amare Dio e amare il prossimo. Per quanto riguarda le strutture sanitarie la Siria, ridotta a un Paese poverissimo, ha bisogno di qualsiasi cosa. Quelle esistenti sono precarie e ora, con il COVID-19, le cose andranno ancora peggio, anche se per il momento non ci sono ufficialmente casi. Chiedo con tutto il cuore a chi può – all’Europa e non solo, anche se adesso il mondo è comprensibilmente immerso in grandi preoccupazioni – di non dimenticare la Siria. Non ci sono infrastrutture, mancano medicine, mancano luoghi di cura adeguati.

Papa Francesco continuamente, sin dall’inizio del conflitto, ha cercato di scuotere le coscienze. Purtroppo però, come dice un proverbio italiano, non c’è peggior sordo di chi non vuol sentire. Come dice anche la Bibbia, “hanno orecchie e non ascoltano, hanno occhi e non vedono”. I potenti del mondo sono accecati dalla bramosia e dalla sete di potere e di moneta e per essi sono capaci di sacrificare vite umane.

Da francescano non posso che fare riferimento a san Francesco. Lui è stato amato e lo è ancora perché ha saputo trovare la bussola della felicità nell’apertura totale al Signore e al suo disegno di amore per tutti gli uomini e per tutte le creature. Ha rivolto la sua attenzione ai lebbrosi. Se san Francesco fosse vissuto ai giorni nostri avrebbe fatto di tutto per lavorare per la riconciliazione e la pace. Avrebbe gridato, pregato e viaggiato pur di dare il necessario a chi è in difficoltà. Oggi i seguaci di Francesco presenti in Siria, 15 frati, hanno anzitutto deciso di restare lì dove il popolo soffre, senza abbandonare nessuno. Ci sono due frati francescani nella provincia di Idlib, attualmente sotto il controllo jihadista. Sono due frati minori che lottano per proteggere il loro piccolo gregge, 300 cristiani. Lì dove è proibito manifestare la fede cristiana, loro custodiscono non solo i cristiani di rito latino ma anche quelli di rito armeno-ortodosso e i greco-ortodossi. A causa dei tanti sfollati hanno aperto conventi e case, assistono famiglie, sfamano chi chiede cibo. Loro sono i nostri veri eroi nella fede e nell’umanità. Sono convinti che solo l’amore guarisca e dia senso profondo alla vita. Rappresentano l’esempio di come un francescano deve vivere e incarnare il carisma in tempi di guerra ed epidemie. Nel Medio Oriente viviamo immersi nelle differenze – etniche, religiose e via dicendo – e penso che il carisma francescano è capace di creare ponti e non mura, aprire il cuore e le braccia come fece Gesù sulla croce. Solo dalla ferita del cuore di Gesù possiamo entrare e godere della felicità e della comunione con Dio e con i fratelli.

Padre Firas Lutfi O.F.M
Ministro della Regione S. Paolo (Siria, Libano, Giordania)

Per chi volesse dare un aiuto economico alle opere dei francescani in Siria per la popolazione afflitta dalla guerra e ora dalla pandemia può fare un versamento sul conto POSTEPAY intestato a FERAS LOFTI

n° 4023600975104193
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don Cristiano