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Predestinazione, Virus ed Economia. Riflessioni dalla Germania.

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di Fausto Nardi
testimonianza di un poggese all’estero (Francoforte – Germania)


Questa crisi del corona virus mi sta tenendo occupato già dall‘inizio di gennaio, già da molto prima che in Europa se ne cominciasse a parlare seriamente.

Questo è successo per due motivi: leggo molto le notizie internazionali, vista la mia condizione di italiano all’estero, e in secondo luogo perché ho molti studenti cinesi. Parlando con loro mi sono sempre potuto fare un quadro abbastanza preciso di quello che succedeva in Cina.

Ad onor del vero, nessuno dei miei studenti proviene dalla provincia più colpita, per cui anche le loro famiglie e le notizie che mia arrivavano non erano particolarmente diverse dalla versione ufficiale del governo. Ad un certo punto la situazione in Cina è apparsa in miglioramento e gli studenti mi raccontavano che in effetti le attività lentamente tornavano ad una certa normalità.

Fino a tutto febbraio sembrava che la crisi potesse essere controllata. Però c’erano alcune cose che non tornavano: tutti i cinesi si meravigliavano del fatto che nessuno controllasse negli aeroporti, tutti mi dicevano di non capire come mai noi non prendessimo la situazione sul serio. L’Italia aveva bloccato i voli, ma gli altri no.

L’organizzazione mondiale della sanità ha detto esplicitamente che non sarebbe servito bloccare i voli (su questo purtroppo devo dare ragione a Trump). Il resto lo conosciamo: La crisi sulle navi da crociera, i primi casi isolati in Germania alla Webasto e in Italia e poi lo tsunami italiano.

Evito di raccontare quello che in Italia si sa già (leggo i giornali italiani). Di sicuro posso raccontare di una situazione particolare che ha coinvolto tutti gli italiani all’estero all’inizio di marzo. In Italia si succedevano le notizie terribili e di fatto, spaventati, tutti gli italiani all’estero si sono messi in quarantena prima degli altri. I tedeschi continuavano a vivere tranquillamente come se niente fosse anche perché i media davano notizie tranquillizzanti (si tratta di poco più che di un’influenza, ecc.).

La tragedia in Italia veniva raccontata come dovuta alla solita disorganizzazione italiana.

Ricordo bene di quanto fossimo preoccupati a mandare i nostri figli a scuola fino addirittura al 13 di marzo. Per giorni in Germania hanno continuano a fare i test ai turisti di ritorno dal Trentino Alto Adige per cercare gli infetti, mentre invece a centinaia si infettavano i Ischgl in Austria, dove pur di non chiudere i locali, hanno fatto finta di niente fino a quando le pressioni internazionali non sono diventate troppo forti.

Poi è iniziata la guerra delle cifre. La convinzione che mi sono fatto è che ogni paese fornisce i dati che vuole e ne fa un uso politico. Alcuni sommano i morti negli ospedali a quelli delle case di cura (Francia), altri forniscono solo i morti negli ospedali (UK). In Germania fin dall’inizio se non c’è stato un test per il corona virus in caso di morte la causa del decesso viene ascritta alle malattie precedenti.  Alcuni paesi non fanno i test (La Svezia ne fa pochissimi) e non trovano chiaramente gli infetti. Potrei continuare a lungo, ma tanto la motivazione è chiara.

L’Italia ha avuto la sfortuna di essere stato il primo paese ad affrontare l’esplosione dei casi ed era chiaramente impreparata, gli altri hanno avuto tempo per reagire e hanno fatto tesoro dell’esperienza italiana (per esempio svuotando gli ospedali per tempo, bloccando tutti i ricoveri assolutamente non necessari e rimandando tutte le operazioni programmabili). Poi hanno capito che era meglio non intasare gli ospedali e hanno lasciato molta più gente a casa, inoltre hanno potuto sfruttare i benefici del Lock-down in misura più grande in quanto applicato in una fase più iniziale dell’epidemia.

Adesso premono per riaperture rapide anche grazie al fatto che il sistema non è mai andato in crisi e il numero dei morti sembra inferiore a quello italiano (e il lock-down è stato molto più blando).

Ma le critiche non mancano neanche in Germania. Solo nelle ultime settimane sono cominciate le morti negli ospizi (all’inizio erano soprattutto gli sciatori i più colpiti e un gruppo di persone che si era infettato a delle feste di carnevale), c’è chi teme una seconda ondata dovuta a maggiore incoscienza. Insomma la crisi non è finita nemmeno qui. Le scuole dovrebbero lentamente aprire dal 4 maggio ma i protocolli sono caotici. Se sono stati più bravi di altri paesi o se si sia trattato solo di fortuna, lo capiremo forse fra molti mesi o forse mai.

Chiudo con una riflessione. La Germania e molti altri paesi del nord, sono paesi protestanti, non hanno la cultura del libero arbitrio. Anche se non lo ammettono e nascondono questo fatto con grandi discussioni di etica, di fatto esiste un forte substrato di accettazione della predestinazione che porta ad una certa lentezza nei processi decisionali. Si reagisce meno impulsivamente, il panico viene represso (non manca!) e forse questo può aver aiutato in questa crisi, vedremo.

Poi c’è il peso dell’economia in Germania molto più invadente che nei paesi latini e cattolici in generale e soprattutto non ci sono le fazioni di guelfi e ghibellini che complicano le decisioni e tendenzialmente sono, queste sì, fonte di caos.

Speriamo di tornare al più presto alla vita normale, ma non tutto è venuto per nuocere: l’aria in città è migliorata (a Francoforte di solito è irrespirabile) e abbiamo avuto tanto tempo per stare insieme a casa con i bambini, se ci si impegna ad usare il tempo in maniera proficua, devo dire che stare in quarantena non è poi così male. Forse si dovrebbe fare almeno una settimana di quarantena tutti gli anni, così, come un digiuno dalle cose non importanti della vita.

Fausto Nardi, Francoforte sul Meno, 26 Aprile 2020