Il silenzio è un’inaspettata sorpresa. Strade silenziose, città deserte, voci udibili a distanze immaginabili. È un’esperienza il silenzio che nasce dal tacere, dalla calma, dal fermarsi. Può sembrare un’apparente contraddizione ma il silenzio è frutto di un fare. Bisogna «fare silenzio». Altrimenti il silenzio non si sente! Nella tradizione biblica il silenzio è ciò che c’era prima che Dio parlasse per creare l’universo. Il silenzio è creativo, perché è la possibilità che noi diamo a ciò che non è di emergere. Le parole non ancora dette, le idee sempre da nascere, la riserva di futuro che solo l’immaginazione degli artisti e degli innamorati sa partorire; tutto questo è figlio del silenzio. Nell’affollarsi degli impegni e dei pensieri, le parole non trovano il tempo di riposare e di sedimentarsi, di diventare progetto e determinazione. Nella confusione, per ricordare le parole di un bellissimo canto della tradizione ebraica, gli uomini «ondeggiano e barcollano come ubriachi, e ogni loro sapienza sparisce negli abissi». È divino il silenzio che doma le onde del mare e dei pensieri (Salmo 107,27-29). Il silenzio riconduce all’origine e allo spirito. Il silenzio è la mano che scava nel profondo dell’essere e permette all’uomo di attingere alla potenza divina che lo abita. Il silenzio permette alla parola di diventare relazione, all’amore di creare legami, all’intelligenza di migliorare il mondo, alla vita di diventare condivisa.
Bisogna fare silenzio e allora, superata la crisi d’astinenza che inevitabilmente ne seguirà, torneranno i sogni e le parole, quelle capaci di fede e di speranza.
(Originariamente pubblicato su La Vita, settimanale, del 5 Aprile 2020)